SIN e ninna ho insieme, a tutela dell’infanzia abbandonata

Al via un’indagine conoscitiva sulla realtà dell’abbandono neonatale in Italia
Servirà per impostare programmi preventivi efficaci di aiuto alle madri in difficoltà.

Milano, 17 giugno 2013 – Monitorare le tematiche relative all’abbandono
neonatale: dal numero di neonati non riconosciuti alla cittadinanza italiana o
straniera della madre, dalla sua fascia di età ai metodi d’intervento messi in
atto per gestire le situazioni di difficoltà materna.
E’ la volontà della SIN, Società Italiana di Neonatologia, da sempre
impegnata a tutelare la salute fisica e mentale del neonato e a difenderne i
diritti nella società sin dal periodo prenatale. Dal 1° luglio la SIN avvierà
un’indagine conoscitiva a livello nazionale in collaborazione con ninna ho,
un progetto ideato nel 2008 dalla Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia
Onlus e da KPMG Italia, proprio per ridurre e arginare la grave emergenza
dell’abbandono neonatale.

Un fenomeno poco conosciuto e sottostimato, tristemente in aumento nel
nostro Paese; dall’inizio dell’anno sono stati accertati in Italia ben cinque casi
di abbandono per strada, in cassonetti o in bagni pubblici; un dato
preoccupante che oltre tutto non rende la reale dimensione del problema.
Dietro, donne di tutte le età e le condizioni sociali che vivono con difficoltà la
maternità e che per motivi diversi e complessi (gravi disagi economici e
sociali, solitudine, disperazione, ignoranza, …) ritengono di non avere
alternativa all’abbandono.
L’indagine coinvolgerà oltre 100 centri nascita su tutto il territorio
nazionale e prevede la compilazione di un questionario da parte del
personale sanitario che assiste il parto, finalizzato a raccogliere dati
quantitativi e qualitativi sulle situazioni dei bambini non riconosciuti alla
nascita.
Stando ai dati dei Tribunali minorili sulle dichiarazioni di adottabilità, dei
circa 550 mila bambini nati vivi in Italia, in media 400 non vengono
riconosciuti dalla madre, e di questi ben 84 sono in Lombardia.
Numerosi altri abbandoni sono fuori controllo e i ritrovamenti avvengono a
volte quando ormai è troppo tardi.
“Il questionario rispetta l’anonimato della donna e non interferisce con la
legislazione vigente – ha dichiarato il prof. Costantino Romagnoli, Presidente
SIN – ed è già stato testato in alcuni reparti, dimostrandosi fattibile e non
problematico”.
“Il nostro obiettivo – ha continuato il prof. Romagnoli – è ottenere il massimo
delle informazioni possibili dagli abbandoni in ospedale per impostare
politiche di prevenzione basate sull’informazione, sulla divulgazione
delle leggi italiane che tutelano il parto in anonimato e, laddove
possibile, l’intervento sulle madri prima del parto”.
Ninna ho ha aderito con grande entusiasmo a questo progetto. Dal 2008
i suoi promotori, Fondazione Francesca Rava e KPMG Italia, sono
impegnati ad aiutare le donne in difficoltà attraverso l’informazione
sulla possibilità consentita dalla legge di partorire in anonimato e
attraverso l’installazione di culle termiche salvavita presso un network di
ospedali dislocati in tutta Italia. Oltre a questo ha attivato un numero
verde multilingue 800 320 023 e un sito internet www.ninnaho.org che
fornisce informazioni sul progetto, sulle culle termiche, sulla legislazione
vigente, sugli ospedali che aderiscono all’iniziativa.
In questa fase, ninna ho si occuperà ogni tre mesi di raccogliere ed
elaborare i dati dell’indagine per conoscere le cause principali
dell’abbandono neonatale al fine di individuare, insieme alla SIN, nuovi
strumenti e metodi più efficaci per prevenire gli abbandoni in
condizioni di rischio.
“Nonostante siano numerose le forme di protezione dell’infanzia ed
esistano diversi servizi per le donne in difficoltà, la situazione
dell’abbandono neonatale in Italia è sempre più preoccupante – ha
dichiarato Mariavittoria Rava, Presidente della Fondazione Rava – e
questo anche a causa della scarsa informazione riguardo alle forme di
aiuto e tutela della donna previste dalla legge”.
“La legge italiana tutela il diritto alla vita e, per le madri in grave
difficoltà, consente il parto in anonimato – ha proseguito Giovanni
Rebay, Partner KPMG – Molte donne però, soprattutto quelle in
condizioni di maggiore disagio, ignorano questo diritto all’assistenza.
La nostra campagna informativa punta a colmare questo gap di
conoscenza, affinchè ogni donna, indipendentemente dalla sua
nazionalità, viva l’ospedale come ‘luogo amico’”.